La relazione medico-paziente: una alleanza costruttiva

Il rapporto medico-paziente si è gradualmente trasformato nel corso dei decenni. Infatti, gli sviluppi della scienza e della tecnologia e i loro risvolti diagnostici e terapeutici hanno spinto i medici a porre l’attenzione sul concetto di “malattia” – cioè su specifiche caratteristiche biologiche, cliniche o classificative- rispetto a quello di “malato” – cioè di persona, nella sua unicità, affetta da malattia -. Ciò può tradursi in una comunicazione medico-paziente, e quindi relazione, eccessivamente “fredda” o tecnica, ad esempio focalizzata su considerazioni esclusivamente scientifiche, che può determinare una separazione tra il bisogno di salute percepito dal paziente e quanto il medico può offrire. È chiaro che nella relazione medico-paziente ci siano forti elementi di asimmetria (ad esempio per competenze e ruoli), tuttavia resta fondamentale la convergenza di intenti che deve portare alla creazione di quel rapporto di fiducia e rispetto reciproci su cui si fonda la dinamica di tale relazione. Per agevolare tale processo fin dal momento della comunicazione della diagnosi è fondamentale comprendere ciò che il malato sa della malattia, ciò che vuole capire o sapere della stessa, in quale contesto personale e sociale si inserisce la patologia (pensiamo ad esempio ad una giovane donna in cerca di gravidanza) per poter ricreare un substrato che sia il più possibile condiviso di storia individuale, cultura ed emotività. In tale dinamica il medico dovrà esprimere la propria autonomia fondata sulle conoscenze scientifiche e la propria esperienza e, altrettanto, il paziente dovrà avere modo di manifestare la propria individualità (valori, credenze o riferimenti culturali). Tuttavia, il desiderio dei pazienti di partecipare ai processi decisionali riguardo alla propria salute non è scontato e può esprimersi con diverse sfumature e gradi di coinvolgimento. Diversi fattori, soprattutto culturali, sociali e generazionali, influenzano la preferenza di partecipazione al processo decisionale. Diversi studi condotti in Italia e in Europa hanno evidenziato tali differenze. Attraverso un semplice test che prevede l’utilizzo di 5 carte che esprimono 5 scenari differenti di rapporto medico paziente che vanno da un rapporto completamente passivo, piuttosto che collaborativo, fino ad un ruolo completamente attivo (Control Preference Scale), si possono evidenziare le preferenze in una data popolazione. Per esempio, dalle ricerche emerge che in Italia tende a prevalere un ruolo collaborativo o si tendono a delegare maggiormente le scelte di cura al medico mentre in Germania prevale un ruolo attivo del paziente. A prescindere da tali considerazioni, in generale se il medico si pone come soggetto di conoscenza aprendosi al dialogo e al giudizio evitando di percepire il paziente solo come un oggetto di intervento pratico (“qualcosa da riparare”), le basi per una alleanza terapeutica risultano fin da subito più solide e potenzialmente durature (1). Il concetto di alleanza terapeutica, emerso dalle teorie psicoanalitiche, si fonda sulla condivisione esplicita di obiettivi tra paziente e medico, la definizione dei ruoli e compiti nel processo e sul legame basato su fiducia, rispetto e affetto tra i due (o più) attori del processo (ad esempio anche caregivers). La Sclerosi Multipla è una patologia complessa e dalla evoluzione non sempre prevedibile e può essere spiegata solo in termini probabilistici, tuttavia, è possibile utilizzare il massimo delle conoscenze e delle evidenze disponibili per dirimere e risolvere ogni singolo caso e per applicare le migliori terapie possibili per una specifica persona. È pertanto fondamentale sviluppare una comunicazione medico-paziente veritiera e onesta che, adeguata alla capacità di comprensione del malato, sarà finalizzata alla massima chiarezza della diagnosi, alla trasparenza rispetto alle possibili evoluzioni cliniche, alla costruzione di un rapporto reciproco aperto per instaurare una alleanza terapeutica e garantire la continuità assistenziale (2, 3). L’alleanza terapeutica è considerata tra gli elementi che maggiormente conducono al buon esito delle terapie (4), pertanto costituisce un obiettivo fondamentale nella relazione medico-paziente.

Dr. Luca Chiveri

Neurologo – Casa di Cura Privata del Policlinico

  1. Raphael A, Hawkes CH, Bernat JL. To tell or not to tell? Revealing the diagnosis in multiple sclerosis. Mult Scler Relat Disord 2013 Jul;2(3):247-51.
  2. Sullivan RJ, Menapace LW, White RM. Truth telling and patient diagnoses. J Med Ethics 2001;27(3):192-7.
  3. Bernat JL. Ethical issues in Neurology, 3rd ed. Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins, 2008.
  4. Martin, Garske & Davis. Relation of the therapeutic alliance with outcome and other variables: A meta-analytic review. J of Consulting and Clinical Psychology, 2000 68(3), 438-450
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