DISTURBI URINARI NELLA SCLEROSI MULTIPLA
I disturbi urinari sono presenti in quasi tutti i pazienti con SM. Nel corso della malattia, rappresentano una causa significativa di morbilità e contribuiscono alla disabilità complessiva del paziente penalizzando inoltre l’autostima e favorendo l’esclusione sociale.
È uno dei sintomi più frequenti (più del 80%) mentre il 10% riferisce questi disturbi nella sintomatologia di esordio della malattia stessa. Sono causati dalla presenza di lesioni demielinizzanti lungo le vie nervose responsabili del controllo della minzione sia a livello cerebrale che midollare.
Una vescica iperattiva o con debole controllo sfinterico favorisce sintomi (spesso associati) quali:
- urgenza minzionale
- pollachiuria
- nicturia
- incontinenza di urgenza
- sensazione di svuotamento incompleto
- intermittenza del mitto
- mitto debole
- uso del torchio addominale per mingere
- ritenzione urinaria (nei casi più gravi) – fattore di rischio per lo sviluppo di pielonefrite cronica e insufficienza renale.
Dal punto di vista urodinamico, i disturbi urinari sono:
- iperattività detrusoriale (presente in oltre 60% casi);
- dissinergia vescico-sfinterica (DSD – Detrusor Sphincter Dyssynergia – nel 25% casi);
- ipoattività detrusoriale (20% casi);
- iposensibilità detrusoriale (incapacità a percepire la distensione vescicale durante il riempimento con conseguente scarsa percezione dello stimolo)
Nella SM, i quadri clinici possono cambiare durante il decorso della malattia.
Le complicanze più temibili sono:
- Ritenzione urinaria (solo il 47% pazienti riportano elevato residuo post minzionale e/o hanno la sensazione di incompleto svuotamento post minzione);
- Danni renali, più frequentemente per dissinergia. Nella SM sembrano avere una frequenza più bassa (0,3 – 3%) rispetto ad altre pato
Valutazione e gestione delle disfunzioni minzionali
Al fine di ottenere uno screening di soggetti asintomatici ma con presenza di disfunzioni urinarie iniziali e misconosciute, la valutazione di minima in tutti i pazienti – anche quelli asintomatici – comprende:
- l’esame obiettivo;
- la compilazione del diario minzionale;
- l’esame delle urine e della funzionalità renale;
- la misurazione del residuo postminzionale;
- l’ecografia reno-vescicale;
- l’utilizzo di questionari di autovalutazione con specifiche domande sulla presenza ed entità di problemi minzionali, ano-rettali e su frequenza di infezioni urinarie.
La valutazione deve anche escludere la presenza di concomitanti patologie a carico dell’intero tratto urinario, come ad esempio stenosi uretrali, patologie prostatiche, prolassi, etc., che possono determinare/peggiorare i disturbi da vescica neurologica.
Per i pazienti sintomatici, invece, si raccomanda la misurazione periodica del RPM e si sottolinea l’importanza di rilevare la presenza di infezioni recidivanti a carico delle vie urinarie, in particolare se con febbre, che rappresentano, insieme a dolore durante la minzione, EDSS > 6 ed età > 55 anni nel sesso maschile, fattori di rischio meritevoli di valutazioni e trattamenti più aggressivi.
In casi selezionati, sono consigliati esami diagnostici strumentali più invasivi quali:
- lo studio urodinamico, indagine che cerca di riprodurre le fasi di riempimento;
- lo svuotamento vescicale – dovrebbe essere riservato a casi refrattari al trattamento o a rischio di complicanze a carico del tratto urinario superiore, o in previsione di trattamenti endovescicali o chirurgici;
- lo studio elettromiografico, che rileva l’attività elettrica dello sfintere striato uretrale.
Trattamento
Il primo obiettivo nella gestione dei disturbi urinari è quello di migliorare i sintomi e, in secondo luogo, prevenire le possibili complicanze a carico delle basse e, soprattutto, delle alte vie urinarie.
Approccio comportamentale: modifiche dello stile di vita come ad esempio: limitazione dell’introito di liquidi e soprattutto l’assunzione serale, per evitare la nicturia; evitare l’assunzione di sostanze irritanti la vescica quali alcool, caffeina, succo di limone e dolcificanti artificiali; minzione programmata ad orario. Se non sufficiente viene associato il trattamento farmacologico.
Trattamento farmacologico: a discrezione del Medico Curante.
Riabilitazione del pavimento pelvico: serie di esercizi volti alla presa di coscienza della muscolatura del pavimento pelvico e dell’apparato sfinteriale, al loro potenziamento e corretto utilizzo nella vita di tutti giorni. Può migliorare sintomi quali incontinenza, urgenza, pollachiuria, nicturia e ritenzione.
Cateterismo intermittente pulito: indicato in presenza di disturbi della fase di svuotamento, con residuo postminzionale > 100 ml. Può essere di difficile esecuzione per i pazienti con disturbi
cognitivi, visivi, motori o di coordinazione a carico degli arti superiori, oppure in caso di grave spasticità dei muscoli adduttori delle cosce, rendendo necessario il posizionamento di un
catetere vescicale a permanenza.
In caso di fallimento dei trattamenti di prima linea o di effetti collaterali, è necessario passare a trattamenti di seconda linea:
Infiltrazione con tossina botulinica tipo A: autorizzata per la ritenzione urinaria non responsiva ai farmaci orali; determina un temporaneo blocco della contrazione detrusoriale. I dati di efficacia nella SM sono incoraggianti, con miglioramento clinico o recupero della completa continenza in percentuali intorno al 75%, e con contestuale miglioramento anche dei parametri urodinamici. L’effetto terapeutico inizia dopo circa 2 settimane dall’infiltrazione e può mantenersi per un intervallo di tempo variabile da 4 a oltre 10 mesi. Il maggior rischio è rappresentato da un’eventuale insorgenza di infezioni urinarie e ritenzione, per cui i pazienti devono essere informati della necessita di ricorso al cateterismo intermittente pulito o ad altro metodo di cateterismo, per un periodo anche prolungato; rari effetti collaterali includono debolezza generalizzata, disfagia o diplopia, secondari a diffusione sistemica della tossina.
Neuromodulazione Sacrale: tecnica mini-invasiva alternativa alle terapie conservative nei pazienti refrattari. Consiste nell’impianto di un generatore di impulsi elettrici (pacemaker) che stimola una radice sacrale; agisce modulando la sensibilità vescicale, stimolando le vie afferenti e modificando l’attività cerebrale di controllo. Ha dimostrato di ridurre in modo significativo i sintomi di urgenza e frequenza, il numero di episodi di incontinenza e le complicanze infettive a carico delle alte vie urinarie. I problemi relativi all’utilizzo del dispositivo nella SM sono rappresentati dal decorso dinamico della malattia, con possibile perdita di efficacia in caso di progressione, e la necessità di espianto del neurostimolatore per eseguire la RMN.
Stimolazione percutanea del nervo tibiale posteriore: il suo meccanismo di azione è ancora poco chiaro, ma si suppone che, tramite lo stimolo afferente, moduli i segnali in arrivo e in partenza dalla vescica attraverso il plesso sacrale. Nella SM ha dato buoni risultati di efficacia in studi preliminari.
Dr.ssa Carmen Dumitru
Fisiatra – Casa di Cura Igea S.p.A.