UTILITA’ DEI MULTIFOCAL VEP

La sclerosi multipla coinvolge la funzione visiva piuttosto frequentemente. In particolare, la neurite ottica acuta può colpire fino al 70% delle persone nell’arco della loro vita e nel 30% dei casi può costituire la manifestazione di esordio della malattia. La neurite ottica acuta è un’infiammazione con demielinizzazione del nervo ottico che, nonostante comprometta rapidamente la vista a carico di un occhio, più frequentemente nella parte centrale del campo visivo, spesso regredisce con un recupero completo o parziale, dovuto non solo ai meccanismi di plasticità cerebrale ma anche e soprattutto ai meccanismi di remielinizzazione. Una tecnica molto diffusa sin dagli anni ’70 per valutare la funzione delle vie visive è costituita dai potenziali evocati visivi con stimolazione “a tutto campo” (ff-VEP da full-field Visual Evoked Potentials), effettuati a scopo diagnostico, prognostico e di monitoraggio. Più recentemente è stata introdotta la tecnica dei VEP con stimolazione multifocale (mf-VEP), che testavano separatamente, ma simultaneamente, porzioni discrete del campo visivo. Da allora, oltre al glaucoma, la sclerosi multipla è diventata una delle principali applicazioni dei mf-VEP.

POTENZIALI EVOCATI VISIVI NELLA DIAGNOSI DELLA SCLEROSI MULTIPLA E DELLA NEURITE OTTICA

I VEP vengono utilizzati per confermare la presenza di patologie visive o per rilevare un coinvolgimento asintomatico subclinico delle vie visive. Si ottengono in modo assolutamente non invasivo, applicando degli elettrodi sulla superficie cutanea nella parte posteriore del cranio, corrispondente alla regione del cervello che riceve le informazioni visive, e stimolando un occhio alla volta chiedendo alla persona sottoposta all’esame di fissare per pochi minuti il centro di uno schermo del computer, nel quale si alternano ritmicamente degli scacchi bianchi e neri. Un ritardo nella comparsa dell’attività elettrica cerebrale dopo la stimolazione visiva a carico solo di un occhio è considerato un segno di un rallentamento della conduzione causato dalla demielinizzazione del corrispondente nervo ottico. I primi studi sui ff-PEV hanno mostrato una prevalenza di rallentamento della conduzione nervosa lungo le vie visive fino al 50%-70% delle persone con SM anche in assenza di disturbi visivi. Questa discrepanza – alterazione dell’esame da una parte e assenza di disturbi visivi dall’altra – viene spiegata dal fatto che il sistema visivo umano è ridondante, ovvero comprende molti più neuroni di quelli che effettivamente sono necessari per una visione ottimale, inoltre anche in assenza di un’immagine completa il nostro cervello è abituato a “tappare i buchi” e a ricostruire le parti mancanti. Forse non riusciamo a riconoscere una persona attraverso un vetro appannato o tramite una fotografia macchiata? Il nostro cervello fa proprio così: rimedia ricostruendo le parti mancanti consentendoci di non notare la mancanza di alcuni dettagli. Proprio per questo motivo, anche i ff-VEP, ottenuti stimolando simultaneamente l’intero occhio con una scacchiera uniforme, non sono in grado di evidenziare la presenza di alcuni “buchi”, ovvero la mancata visione di alcuni scacchi nello schermo, che sono poca cosa rispetto alla quantità di scacchi totale e pertanto l’esame ff-VEP può risultare normale anche se all’appello mancassero alcuni scacchi. Invece, la più recente tecnica dei mf-VEP, registrando l’attività cerebrale associata non a tutta la scacchiera nella globalità ma verificando la risposta corrispondente a 56 settori separati dello schermo (che contengono pochissimi scacchi ciascuno), è in grado di valutare in modo più dettagliato il funzionamento del nervo ottico settore per settore. Questo aumenta notevolmente la possibilità di evidenziare dei piccoli danni che hanno compromesso la funzione di piccoli settori del nervo ottico. Infatti, i VEP multifocali sono stati segnalati come più sensibili rispetto ai ff-VEP standard sia negli occhi sintomatici (con disturbi visivi) che asintomatici nelle persone con SM, con risultati promettenti anche all’esordio della malattia. In uno studio su 26 persone con NO unilaterale, le anomalie ff-VEP sono state riscontrate nel 73%, mentre quelle dei mf-VEP nell’89%, con prestazioni superiori nel rilevare difetti del campo visivo piccoli o periferici. Anche in assenza di neurite ottica, in una coorte di 145 persone con SM sono state rilevate risposte anormali nel 65% dei casi. Pertanto, nonostante il mf-VEP richieda un po’ più di tempo (20-30 minuti circa, contro 10’-15’ per i ff-VEP), vale la pena utilizzarli per approfondire deficit visivi vaghi in assenza di corrispondenti alterazioni inequivocabili del ff-VEP standard, o per migliorare la sensibilità nell’evidenziare nel tempo eventuali processi demielinizzanti subdoli e impercettibili da parte della persona – perché ancora mascherate dagli eccellenti meccanismi di compenso che si verificano fisiologicamente a livello cerebrale – a carico delle vie visive. Un altro importante contributo di queste metodiche – incluso il VEP tradizionale – è la possibilità di misurare il recupero della conduzione nervosa dovuto ai processi di remielinizzazione successivi alla neurite ottica, consentendo di misurare in modo oggettivo gli effetti delle terapie e di disporre di un quadro aggiornato della funzionalità del nervo ottico che può diventare utile da confrontare con i futuri esami qualora dovessero comparire nuovi disturbi visivi. È infatti molto frequente, dopo una neurite ottica anche con completo recupero della vista ma con una residua area di demielinizzazione nel nervo ottico, che la vista possa peggiorare transitoriamente durante l’innalzamento della temperatura corporea. Questo peggioramento, che si verifica a carico dell’occhio colpito in passato da neurite ottica, si può verificare per esempio in estate, o durante episodi febbrili o durante attività fisica, facendo talora nascere il dubbio che ci si trovi davanti a un nuovo episodio di infiammazione, ovvero a un nuovo attacco di malattia. Questo dubbio non è irrilevante perché potrebbe portare non solo a richiedere il trattamento della “nuova” neurite ottica ma anche a valutare modifiche nella terapia farmacologica per controllare la malattia. L’esecuzione dei potenziali evocati visivi (ff-VEP o, ancora più sensibili, mf-VEP) può aiutare a confermare che la velocità di conduzione lungo il nervo ottico è rimasta invariata e che si trattava di disturbi transitori destinati a scomparire col ripristino della normale temperatura corporea.

Figura: esempio di potenziale evocato visivo standard (ff-VEP, in alto) e multifocale (mf-VEP, in basso), per l’occhio destro (OD) e sinistro (OS) registrato dal cervello di un volontario tramite elettrodi applicati alla cute in modo non invasivo. Si noti come nel ff-VEP si ottenga una singola onda per ciascun occhio, conseguente alla stimolazione simultanea di tutto il campo visivo tramite una scacchiera uniforme. In questo caso tutto il nervo ottico si attiva simultaneamente generando una singola onda cerebrale. Invece, con i mf-VEP la scacchiera è suddivisa in 56 settori di stimolazione indipendenti, ognuno dei quali genera un’onda cerebrale diversa, corrispondente all’attivazione di 56 regioni separate del nervo ottico che dunque vengono studiate separatamente, con la possibilità di evidenziare anche piccole lesioni che coinvolgono solo una porzione del nervo ottico.

Prof.ssa Letizia Leocani

Neurologa

 

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