Terapia sintomatica nella sclerosi multipla

Negli ultimi anni lo straordinario sviluppo di terapie in grado di modificare la storia naturale della Sclerosi Multipla ha radicalmente modificato l’andamento della stessa. Questi farmaci hanno, infatti, permesso di personalizzare maggiormente la terapia. Molto spesso i neurologi si trovano a dover decidere cambiare terapia in base al quadro clinico, neuroimmunologico e sulla base di rischi e benefici.

Talvolta accade però che ci si concentri sulla terapia eziologica e molto meno sulla terapia sintomatica che può ridurre o abolire i sintomi causati dalla malattia stessa. Infatti, i pazienti affetti da sclerosi multipla presentano diversi sintomi, più o meno invalidanti che vanno spesso associati alle numerose terapie che agiscono sulla malattia. Fra i sintomi più frequenti sono la fatica, il dolore, la spasticità, il tremore, alterazioni del tono dell’umore, disturbi parossistici, disturbi di attenzione e di memoria, disturbi sfinterici e sessuali.

Nella pratica clinica il neurologo deve tenere presente che talvolta il paziente non riferisce i disturbi sintomatici. Ad ogni visita dovrebbe eseguire una rapida check-list della presenza o meno di questi sintomi. Anche pazienti che non presentano importanti deficit motori, infatti, possono presentare disturbi che per pudore non riferiscono, tra questi problemi sfinterici e o problemi legati alla sfera sessuale. Molto spesso anche l’aspetto cognitivo viene sottostimato ed è per lo più il caregiver affidabile che li riferisce.

Molteplici sono le alterazioni delle funzioni cognitive che il paziente non è in grado di valutare, le sottostima o tende ad attribuirle ad altre cause tanto è vero che tendono a non riferirlo al medico perché pensano che non vi possa essere una terapia farmacologica che migliori la qualità di vita.

Uno di questi sintomi spesso sottovalutato è la disfagia; il paziente raramente riferisce di aver problemi a deglutire e una valutazione da parte dello specialista logopedista è fondamentale. Una scorretta deglutizione può portare a far sì che il cibo possa entrare in trachea comportando anche broncopolmoniti. Questi casi sono più frequenti nelle fasi avanzate di malattia.

Al fine di individuare i sintomi del paziente nel poco tempo a disposizione durante una visita ambulatoriale, almeno alcuni aspetti sintomatologici dovrebbero essere chiesti e considerati, tra questi:

  • Fatica
  • Dolore
  • Umore
  • Disturbi cognitivi
  • Funzioni sfinteriche
  • Sonno

Se ci si ricorda questi punti cardini con la pratica clinica diventeranno automatici durante la visita.

L’aspetto rilevante e che porta a migliorare la vita del paziente è il rapporto di fiducia che si deve creare coni l medico, in tal caso sarà più semplice che sia il paziente a confidare aspetti della malattia. Questo potrebbe migliorare ulteriormente se fosse sempre lo stesso neurologo a visitarlo.

I problemi/sintomi del paziente tendono a variare e a sovrapporsi negli anni, rendendo necessaria la qualità della comunicazione con il proprio neurologo. Se si instaura un buon rapporto con il paziente sarà più facile porre domande dirette come: dorme bene, ha dolori, ha problemi ad urinare, si sente affaticato, triste, ansioso; già con poche domande si può inquadrare meglio la situazione. Questo però va fatto, ripeto, quando il rapporto medico paziente è ottimale e per esserlo si deve creare una sorta di intesa, pur non perdendo la propria professionalità.

Nel corso degli anni, la varietà dei farmaci sintomatici utilizzabili nella SM è accresciuta. Si pensi ai cannabinoidi, alla tossina botulinica per la marcata spasticità, ai nuovi antidepressivi, tranquillanti, ai nuovi farmaci urologici per l’urgenza minzionale, per l’incontinenza, per i disturbi sessuali.

In generale, i pazienti risultano più spesso politrattati rispetto al passato.

Sintomo Terapia
Fatica Amantadina; 4-amonopiridina
Dolore e sintomi parossistici Farmaci triciclici, SSRI Cannabinoidi, GABAergici, Carbamazepina, Lamotrigina, benzodiazepine
Disturbi dell’umore (depressione, ansia) Farmaci triciclici, SSRI, psicoterapia
Turbe cognitive Terapia cognitivo-comportamentale, esercizio fisico. Terapia occupazionale
Spasticità Baclofen, GABAergici, cannabinoidi,  stretching
Disturbi urinari Anticolinergici, alfalitici, training della muscolatura del pavimento pelvico
Disturbi sessuali Sildefanil
Tremore Farmaci triciclici, antiepilettici, benzodiazepine

 

Altro elemento estremamente importante in questa malattia è la riabilitazione che rappresenta l’insieme di tutte quelle tecniche per aiutare a superare le difficoltà, migliorando la qualità di movimento per consentire un adeguato svolgimento della vita di tutti i giorni.

La riabilitazione mira a massimizzare l’indipendenza funzionale attraverso la stabilizzazione della funzione, la riduzione della disabilità e la prevenzione di complicanze secondarie, attraverso un processo educativo che incoraggia l’indipendenza dell’individuo. In altre parole è un processo di cambiamento attivo attraverso il quale una persona disabile acquisisce e usa le conoscenze e le abilità necessarie per rendere ottimali le proprie funzioni fisiche, psicologiche e sociali.

La riabilitazione non è quindi sinonimo di fisioterapia o rieducazione neuromotoria ma è parte integrante di un percorso che rientra all’interno di un progetto comune in cui l’obiettivo finale del percorso è il miglioramento della qualità di vita del soggetto. Per sua stessa definizione, la riabilitazione può essere considerata un approccio adeguato nella gestione della SM, condizione cronica evolutiva che dà origine a sintomi multiformi e che produce bisogni che riguardano l’ambito non solo fisico, ma anche psicologico e sociale.

La riabilitazione è ben supportata da studi di efficacia, i vari interventi riabilitativi sono in grado di migliorare le performance motorie e cognitive, di migliorare i sintomi e di ridurre la disabilità.

La sclerosi multipla è un’entità nosologica effettivamente complessa ed eterogenea, pertanto diventa difficile stilare un programma riabilitativo di massima, o addirittura impossibile proporre un protocollo con regole fisse per la riabilitazione del paziente. Sicuramente una corretta valutazione del paziente nella globalità delle sue difficoltà rappresenta oggi il punto di partenza per poter procedere ad un intervento riabilitativo specifico (con il termine “globalità” si intendono, oltre agli aspetti clinici della patologia, anche gli aspetti familiari, socio-lavorativi, psicologici ed ambientali che sono parte integrante del nostro quotidiano e della qualità della vita in genere).

Il trattamento riabilitativo cerca di limitare gli esiti funzionali della malattia. La preservazione del cammino e l’utilizzo delle funzionalità residue diventa l’elemento di priorità. Bisogna prevenire le deformità articolari, la formazione di piaghe ed evitare l’allettamento.

La letteratura scientifica, infatti, evidenzia che la riabilitazione interdisciplinare nella SM è efficace nel migliorare la capacità di effettuare le varie attività quotidiane (riduzione della disabilità) e nel migliorare la partecipazione sociale. Questi effetti permangono per una certa durata con progressivo deterioramento nel tempo. L’efficacia è dimostrata in tutti i setting riabilitativi: regime di ricovero, ambulatoriale e domiciliare. Non bisogna soffermarsi solo sulla spasticità o sulla forza muscolare, ma sulla capacità di eseguire una funzione e alla sua durata; bisogna entrare nel concetto di una riabilitazione intesa come “problem solving”, ovvero come risolutrice di problemi.

Si deve valutare la potenzialità del soggetto e i suoi limiti da cui bisogna prendere poi l’indicazione per un cambiamento utile e possibile che dovrà diventare un’abitudine anche dopo la fine del trattamento.

Il terapista non deve essere solo colui che muove ma colui che insegna all’ammalato come utilizzare le sue risorse motorie residue per ottenere un miglioramento nella qualità della vita, nella cura della persona, nelle autonomie e funzioni.

Di rilevanza fondamentale è quindi l’osservazione del paziente e valutare le sue reazioni di raddrizzamento, di equilibrio, di protezione, dalle quali si possono notare i pattern motori alterati sui quali poter agire. Oltre la valutazione delle reazioni posturali e del tono muscolare è importante valutare il deficit di forza inteso come paresi degli arti inferiori. Questo comporterà la ricerca da parte del paziente per trovare la forza attraverso la fissazione; il paziente dovrà concentrarsi sia visivamente che bloccando i cingoli e il capo.

Nel posizionamento a letto è bene sapere che la posizione in decubito laterale (sul fianco) è una buona soluzione per decomprimere parzialmente la vescica, per dilatare l’emitorace che non appoggia e per un riadattamento precoce all’equilibrio.
Anche attraverso questo piccole attenzioni si può dunque intervenire sul versante urologico, respiratorio e sull’equilibrio.

Presso il nostro centro sono attivi diversi protocolli, sia riabilitativi, al fine di migliorare l’aspetto neuroriabilitativo, sia volti a migliorare l’approccio terapeutico attraverso la ricerca di marcatori e di risposta di malattia.

Altra importante opportunità effettuata su tutti i pazienti ricoverati presso il nostro centro è l’uso terapeutico della stimolazione corticale magnetica transcranica ripetitiva (TMS). Questa è una metodica sicura e non invasiva per stimolare la corteccia cerebrale tramite l’induzione di un campo magnetico in grado di agire transitoriamente sui neuroni sottostanti lo stimolatore. Se utilizzata in modalità ripetitiva la TMS può indurre fenomeni di riorganizzazione neuronale ed è in grado di facilitare o inibire in modo relativamente selettivo i circuiti neuronali responsabili di una determinata funzioni o di un determinato sintomo. L’obiettivo di tale metodica è quello di migliorare la fatica, la spasticità, il dolore agevolando così la partecipazione al programma riabilitativo.

Pertanto, così come abbiamo il compito di scegliere una terapia eziologica individualizzata, è altrettanto importante individuare una terapia sintomatica e una riabilitazione personalizzate.

Dr.ssa Maria Emma Rodegher

Neurologo

 

Condividi su