NEUROPLASTICITA’: LA NUOVA FRONTIERA DELLA RICERCA IN NEURORIABILITAZIONE

Il IV Congresso Mondiale di Neuroriabilitazione ha visto il suo svolgersi nel febbraio 2006 ad Hong Kong. Oltre 1500 delegati da 60 diversi paesi hanno reso questa edizione estremamente interessante dal punto di vista scientifico potendo contare sulla presentazione di oltre 500 lavori di ricerca in campo neuroriabilitativo. Questi numeri rendono conto di quanto, negli ultimi anni, la riabilitazione abbia assunto un ruolo sempre più di primo piano nell’interesse della comunità scientifica internazionale. Il perché di tutto questo risiede in un aspetto che sempre più sta rendendosi evidente: la capacità del Sistema Nervoso Centrale di “riadattare” le proprie strutture funzionali al danno neurologico e, soprattutto, all’intervento riabilitativo.

Non a caso, quindi la tematica principale dell’evento congressuale è stata l’utilizzo delle moderne tecniche di valutazione di neuroimmagine e neurofisiologiche nel monitoraggio dei risultati clinici dell’intervento riabilitativo. I risultati di questi lavori dimostrano che in molte patologie Neurologiche, acute e croniche, la riabilitazione non solo è in grado di restituire più o meno completamente la funzione persa, ma che questa si correla con meccanismi di riadattamento funzionale delle strutture del Sistema Nervoso Centrale.

Questi dati sostengono la teoria che l’intervento terapeutico, debba rivolgersi alla ricerca di trattamenti che siano in grado di determinare la riparazione del danno neurologico. Partendo da questo aspetto il passo successivo è domandarsi quali trattamenti possano candidarsi a questo ruolo; la ricerca oggi sta valutando l’efficacia in tal senso di molte molecole chimiche, ma la frontiera più suggestiva nell’ottica della “riparazione del danno” è sicuramente quella delle cellule staminali.

Nulla di sorprendente quindi quando la cerimonia di apertura del congresso ha lasciato spazio alla Lettura Magistrale del Prof. Bruce Dobkin che ha avuto, come tema, la prima osservazione clinica longitudinale effettuata su pazienti sottoposti al trapianto di cellule staminali a seguito di una lesione traumatica del midollo spinale.

E’ indubbio che oggi molto si legge e si scrive sull’utilizzo delle staminali per la cura delle malattie Neurologiche, soprattutto di quelle più invalidanti. Su questo tema non passa giorno che non compaia la notizia di persone che effettuano il “trapianto” con risultati quasi sempre descritti come miracolosi ma, pressoché sempre, privi di qualunque caratterizzazione scientifica che consenta un’analisi obiettiva di quanto ci viene raccontato. Aprire un congresso Mondiale affrontando questo argomento è stato sicuramente un passo concreto per cercare di rispondere agli interrogativi che molti ricercatori e pazienti si pongono quando sui giornali si parla di “trapianto di cellule staminali”.

Nella sua Lettura, il prof Dobkin ha considerato l’esperienza del Centro di Riabilitazione Neurologica da lui diretto in California (USA) dove ha avuto la possibilità di seguire 7 pazienti con lesione traumatica del midollo spinale sia prima che dopo un intervento di trapianto di cellule staminali (ottenute dal bulbo olfattivo) effettuato in Cina. Questi pazienti hanno accettato di eseguire un’attenta valutazione clinica e strumentale nelle settimane precedenti l’intervento e nei mesi successivi ad esso per rendere disponibili, per la prima volta, dei dati scientificamente rilevanti sugli effettivi risultati del trapianto. Per questo sono stati sottoposti ad un attento esame neurologico che quantificava con scale di misura numeriche l’entità del danno clinico sensitivo e motorio prima e dopo l’intervento.

Tutti e sette i soggetti, come già detto, presentavano una lesione del midollo spinale a seguito di un evento traumatico che determinava gradi variabili di perdita della funzione sensitiva e motoria agli arti. Ciascuno di questi si era quindi recato in Cina, a proprie spese, per effettuare l’intervento consistente nell’iniezione delle cellule staminali in sede di midollo ma senza che questa venisse chiaramente definita. L’intervento inoltre avveniva a tempi estremamente variabili dall’evento traumatico stesso visto che il range tra i sette pazienti correva tra i 9 e 650 mesi da questo.

Quali risultati?

Il Prof. Dobkin ha posto anzitutto l’accento sulla sicurezza di questa metodica. Pur tenendo presenti le difficoltà nell’ottenere informazioni totalmente attendibili, almeno 5 dei 7 soggetti ha presentato complicanze nell’immediato post-operatorio che hanno compreso forme di meningite in 3 casi e stati febbrili (che è bene ricordare possono essere sintomo caratteristico della meningite) non meglio chiariti dai sanitari cinesi nei restanti due.

Dal punto di vista clinico nessuno dei sette pazienti ha mostrato un recupero delle performance motorie. Sei di loro, inoltre, non ha rilevato modificazioni positive sul danno sensitivo, mentre due di essi hanno mostrato una riduzione dell’ipertono spastico conseguente al danno neurologico.

Quali conclusioni?

Se questi dati, indubbiamente al di sotto di quanto empiricamente ci si potrebbe attendere, venissero letti in modo assoluto le conclusioni non potrebbero che essere scoraggianti. L’aspetto fondamentale di questa ricerca in realtà non è la dimostrazione di efficacia, ma la dimostrazione dell’assenza di un metodo scientifico. Il Prof. Dobkin ha volutamente calcato la mano su tutti quegli aspetti che, oggi, rendono scarsamente attendibili tutti i dati spacciati come estremamente positivi che arrivano sui giornali senza una attenta analisi del metodo e della misurazione di efficacia. Ad esempio nessuno spiega con chiarezza che tipo di cellula staminale sia quella utilizzata in Cina e quale sia l’esatta metodica di impianto. Nessuno cita la metodologia con la quale i risultati vengono misurati e quindi valutati come positivi. In questi unici sette pazienti che , volontariamente, hanno accettato di farsi seguire prima e dopo l’intervento che loro stessi avevano scelto di eseguire per averne avuto notizia, nulla dimostra una reale efficacia del trattamento.

Tutto ciò, concludeva quindi il Prof Dobkin al termine della sua Lettura, non deve indurci a considerare la ricerca sulle staminali un miraggio ma deve assolutamente farci comprendere come anche questa potenziale enorme risorsa terapeutica, debbba passare attraverso il vaglio di un estremo rigore scientifico nella sua applicazione. Il prezzo da pagare sarebbe altrimenti altissimo e non solo in termini di soldi spesi per una falsa speranza venduta più o meno come tale ma, soprattutto, in termini di discredito verso chi fonda il proprio lavoro di ricerca sulla solida base del metodo scientifico facendo passi piccoli ma ogni volta certi e verificabili.

Lettura Consigliate:

Cellular Transplants in China: Observational Study from the Largest Human Experiment in Chronic Spinal Coprd Injury.

Bruce H. Dobkin et al

Neurorehabilitation and Neural Repair 20(1); 2006

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26 novembre 2024

Con grande dolore comunichiamo la scomparsa del nostro Vicepresidente, il Prof. Giancarlo Comi, un innovatore nel campo della ricerca e nel trattamento della Sclerosi Multipla che ha dedicato la sua vita alla cura e al supporto dei pazienti affetti da questa malattia.


Il Professor Giancarlo Comi si è dedicato con grande impegno a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla Sclerosi Multipla, sostenendo la ricerca per consentire alla comunità scientifica di trovare le risposte che ancora mancano, al fine di porre un termine a questa insidiosa malattia.

La centralità del paziente è un principio fondamentale per cui il Prof. Giancarlo Comi si è sempre battuto e che sottolinea quanto sia importante porre la persona al centro del processo diagnostico e terapeutico: ogni individuo ha una storia, un suo contesto e delle necessità uniche che richiedono un approccio empatico e specifico dedicato. Questo tipo di esperienza ha amplificato la comprensione dell'interazione tra innovazione scientifica e benessere delle persone, creando un legame profondo tra teoria e pratica.
Accompagnare il Professore in questo percorso ci ha offerto l'opportunità di comprendere il suo modo di apprezzare la scienza e l’amore che dedicava ogni giorno ai suoi pazienti.
Questa esperienza ci ha arricchiti non solo professionalmente, ma anche umanamente.
La sua passione, le sue competenze e il suo spirito di solidarietà rimarranno per sempre nel cuore di tutti noi che abbiamo avuto il privilegio di lavorare con lui. Sarà sempre un punto di riferimento per chi affronta la Sclerosi Multipla.
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