SCLEROSI MULTIPLA ED EREDITARIETA’

Tra le domande più frequentemente poste dai pazienti con sclerosi multipla (SM) vi è sicuramente quella relativa al rischio di trasmissione ereditaria della malattia. Sappiamo che la SM è una patologia multifattoriale, ossia causata dalla interazione tra fattori genetici ed ambientali, ma la importanza relativa di queste componenti, così come la loro esatta natura, rimangono ancora da chiarire nei dettagli.

Un importante contributo nella ricerca di una risposta ai quesiti ancora irrisolti proviene da due studi italiani di recente pubblicazione su Annals of Neurology. Il primo di questi studi (Ristori et al., 2006) ha esaminato la concordanza gemellare in pazienti affetti da SM, ossia il rischio di contrarre la malattia nei loro fratelli gemelli monozigoti o dizigoti, in una ampia popolazione italiana che corrisponde virtualmente all’intera coorte nazionale dei malati di SM. Occorre ricordare che, da un punto di vista genetico, i gemelli monozigoti sono assolutamente identici, mentre i gemelli dizigoti hanno una “comunanza” di geni paragonabile a quella di semplici fratelli. Avvalendosi della collaborazione di tutti i centri italiani (incluso il Centro dell’Ospedale San Raffaele) e facendo un controllo incrociato con il database del codice fiscale (che consente di identificare persone nate lo stesso giorno e nello stesso luogo aventi lo stesso cognome e, quindi, potenzialmente fratelli gemelli), gli autori hanno identificato 216 coppie di gemelli su un totale di circa 34500 pazienti. E’ degno di nota che, tra i pazienti con SM, la percentuale di gemelli è significativamente minore di quella presente nella popolazione italiana considerata nel suo insieme. La concordanza gemellare per la SM è risultata mediamente pari al 15% circa nei monozigoti e al 4% nei dizigoti. Si tratta di percentuali molto più basse di quelle che si riscontrano in malattie puramente ereditarie (in teoria, in queste ultime, la concordanza dovrebbe essere pari al 100% se l’espressività e la penetranza del gene coinvolto sono altrettanto elevate), ma il fatto che la concordanza della SM nei monozigoti sia tre volte più elevata che nei dizigoti conferma comunque che lo sviluppo della SM dipende anche da fattori geneticamente trasmissibili. Studi già pubblicati avevano evidenziato come la concordanza gemellare della SM vari a seconda dell’origine geografica della popolazione, essendo più bassa in Italia che in altre zone situate a latitudini più elevate. A conferma di questa ipotesi, lo studio italiano di Ristori e coll. ha riscontrato che, nei pazienti originari della Sardegna (area ad alta prevalenza di SM, anche in associazione ad altre patologie con componente genetica come il diabete mellito), la concordanza nei gemelli monozigoti sale al 22% circa ed è paragonabile a quella trovata nelle popolazioni nordeuropee. Sembrerebbe quindi che, in determinate popolazioni, particolari assetti genetici possano favorire l’azione dei fattori ambientali nello scatenamento della malattia, vista la correlazione tra alta concordanza gemellare e prevalenza di malattia più elevata. In ogni caso, questo studio conferma anche l’importanza dei fattori ambientali stessi nella patogenesi della SM, così come la potenziale azione di fattori “protettivi” nelle aree mediterranee più che in altre.

Che la SM possa attraversare stadi di sviluppo “subclinico” senza mai giungere ad una fase di malattia conclamata è suggerito dal frequente riscontro autoptico di lesioni tipiche della malattia in soggetti deceduti per altre cause e con anamnesi negativa per disturbi neurologici. L’ipotesi che la suscettibilità genetica per la SM possa essere “insufficiente”, in alcuni casi, a provocare la malattia vera e propria è suffragata dai risultati del secondo studio precedentemente menzionato (De Stefano et al., 2006). In questo studio, gli autori hanno sottoposto a risonanza magnetica (RM) di tipo “convenzionale” e con trasferimento di magnetizzazione (TM) 56 controlli sani, 152 parenti asintomatici di primo grado di pazienti con SM “sporadica” (SMS) (solo un caso in famiglia) e 88 parenti asintomatici di primo grado di pazienti con SM “familiare” (SMF) (più di un malato in famiglia). La percentuale di soggetti con lesioni “suggestive” di SM è risultata pari al 5% circa nei parenti di pazienti con SMS e all’11% circa nei parenti di pazienti con SMF. Lo studio con RM TM (una tecnica in grado di misurare il danno del tessuto cerebrale “apparentemente normale”, ossia senza lesioni visibili) non ha tuttavia rivelato differenze significative tra controlli sani e parenti di pazienti con SM, anche nei casi in cui gli esami di RM convenzionale avevano mostrato la presenza di lesioni simili a quelle della malattia. Oltre a ciò, anche il volume cerebrale totale non è risultato diverso tra controlli e parenti di pazienti, ad indicare che in questi ultimi non vi è alcuna evidenza di atrofia. I risultati di questo studio confermano che la SM può “abortire” nello sviluppo dei processi patologici che la caratterizzano prima che questi ultimi configurino un danno tale da provocare disfunzione neurologica, ma sottolineano come, in parenti di primo grado dei pazienti, esista un rischio geneticamente determinato di sviluppare alterazioni indicative di danno cerebrale focale.

Considerati nell’insieme, i risultati dei due studi qui discussi ci indicano che il rischio di sviluppare SM nei parenti di primo grado dei pazienti è, in media, sicuramente superiore a quello della popolazione generale, ma non assume entità tale da consigliare indagini di screening a livello familiare, né “counseling” genetico prima di eventuali gravidanze. In ogni caso, il riscontro “casuale” di lesioni “suggestive” di SM in familiari di pazienti non implica necessariamente lo sviluppo della malattia né la necessità di una terapia preventiva in assenza di manifestazioni cliniche neurologiche.

Bibliografia:

Ristori G et al. Ann Neurol 2006; 59: 27-34

De Stefano N et al. Ann Neurol 2006; 59: 634-639

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