Incontro Professor Comi con i pazienti alla Festa degli Auguri ACeSM 20 Dicembre 2008.

Resoconto dell’intervento del Prof. G. Comi all’incontro ACeSM del Natale 2008
Il Prof Comi esordisce annunciando che quello trascorso è stato un anno veramente importante per quanto riguarda la Ricerca nel campo della Sclerosi Multipla. Oggi più che mai questa affermazione è vera, dato che sono molte le novità che qui esporrà. Fondamentale è stato il contributo dato dal Centro SM del San Raffaele nell’ottenere tali successi.
Innanzitutto si vuole rispondere a una domanda che viene posta da tutti i pazienti. Chi è ammalato di Sclerosi Multipla, o ha a che fare con questa malattia, chiede sempre se questa patologia sia in aumento.
Nel 2008 sono stati eseguiti numerosi studi in merito per vedere se la SM stesse in un certo senso   cambiando faccia. Da queste ricerche è emerso un fatto chiaro: negli ultimi 10 anni la patologia è aumentata del 50%. In particolare è rimasta stabile per frequenza nei maschi, mentre è nettamente aumentato il numero di donne colpite. Il classico rapporto 2 femmine affette da SM per ogni maschio con la malattia sta cambiando, e sta diventando 3 donne malate per ogni maschio con Sclerosi Multipla. In particolare ad ammalarsi di più sono le donne giovani.
La alta frequenza di questa malattia impone dunque grandi sforzi a livello generale organizzativo per fare fronte alla grande richiesta diagnostica e terapeutica e al bisogno di nuovi studi per capire meglio la malattia. Fortunatamente il sottosegretario alla Salute del presente Governo, il Prof. Ferruccio Fazio proviene dal San Raffaele ed è quindi naturalmente molto sensibile alle problematiche inerenti terapia e ricerca nell’ambito della Sclerosi Multipla.
Perché è aumentata la frequenza della SM e perché sono colpite soprattutto le donne? Probabilmente perché è cambiato lo stile di vita negli ultimi decenni. Infatti un aumento della frequenza della malattia visibile oggi riflette un aumento di frequenza che è cominciato almeno venti anni fa, perché la malattia inizia nei primi dieci anni di vita.
L’ipotesi in questo momento più credibile –ma si tratta di un’ipotesi- riguarda il miglioramento dell’igiene e della qualità di vita e l’esposizione ad eventi stressanti, che riguardano soprattutto il sesso femminile.
Al giorno d’oggi noi viviamo i primi anni di vita in una situazione ambientale molto controllata dal punto di vista igienico e abbiamo di conseguenza meno infezioni. Per il miglioramento delle condizioni igieniche e grazie all’uso degli antibiotici il nostro sistema immunitario ha vita facile nella lotta contro gli agenti infettivi, ma in questo modo non riesce ad imparare bene quali entità sono nemici del corpo e quali sono parti di esso. Il nostro sistema immunitario è in un certo senso più ignorante di quello dei nostri antenati. Vede troppi pochi nemici quando è nella fase in cui deve imparare a riconoscerli, e quindi può commettere degli errori e scambiare per avversari componenti del nostro corpo che avversari non sono.
Un altro curioso aspetto che va preso in considerazione quando si parla della diffusione della Sclerosi Multipla è la correlazione con l’esposizione al sole. La Sclerosi Multipla è molto frequente nel Nord Europa, per esempio in Svezia, in Norvegia o nel Nord dell’Inghilterra, paesi in cui l’esposizione al sole è inevitabilmente minore. Man mano invece che si prendono in considerazioni paesi più a Sud ci si accorge che la malattia diventa sempre più rara. E’ infatti molto raro trovare persone affette da SM a livello delle aree tropicali.
Sembrerebbe quindi che chi prende più sole sia meno esposto alla malattia. Tale dato potrebbe essere legato al fatto che il sole è molto importante nel metabolismo di una vitamina: la vitamina D. La vitamina D è quella sostanza che garantisce una normale struttura ossea, che evita che si diventi rachitici, che si abbia una crescita deforme delle ossa. Si sa –ce lo dicevano le nostre mamme- che chi passa molto tempo al chiuso è meno forte. Chi ha meno attività della vitamina D nel corpo a causa di una minore esposizione al sole potrebbe essere più esposto all’attacco della malattia.
A supporto di questa ipotesi quest’anno è stato pubblicato uno studio francese che ha mostrato che la Sclerosi Multipla è più frequente nel centro della Francia rispetto a quelle aree della nazione che si affacciano sull’Atlantico o sul Mediterraneo. Questo dato potrebbe correlare con l’esposizione al sole, inevitabilmente più alta nelle zone di mare.
Sono ipotesi molto suggestive, ma da confermare con ulteriori studi. Non siamo ancora certi della validità al 100% di questa teoria, tuttavia questa ipotesi è molto importante. Se si confermasse, si potrebbe infatti pensare a manipolare o modulare la vitamina D per avere meno malattia o una malattia meno aggressiva.
Oltre a dati sulla frequenza della malattia, quest’anno ha portato importanti informazioni sul perché ci si ammala.
Tutti noi abbiamo un patrimonio genetico, una biblioteca in cui è contenuta una serie di informazioni che costituiscono in un certo senso il “manuale delle istruzioni” del nostro corpo e l’insieme delle caratteristiche del nostro essere individuale. Nel patrimonio genetico di alcune persone può essere scritta una maggiore suscettibilità di quell’individuo a sviluppare la Sclerosi Multipla.
Non è infatti raro che i pazienti con Sclerosi Multipla abbiano a loro volta dei parenti ammalati di SM. Attenzione però, non si tratta di un’ereditarietà diretta. Moltissimi pazienti chiedono quale possa essere il rischio di ammalarsi per i loro figli o per i parenti. Occorre ribadire che la malattia non si trasmette. Il patrimonio genetico che si trasmette ai figli o quello che si ha in comune con i fratelli non determina la malattia, ma può determinare una predisposizione, un rischio ad ammalarsi di SM. Questo rischio però è molto basso, per esempio è sicuramente più pericoloso rischiare di avere un incidente facendo un viaggio in automobile in autostrada.
Si è infatti notato che da sola la predisposizione genetica non basta a far sviluppare la malattia. Persone che vivono in zone del mondo in cui la Sclerosi Multipla è frequente (e che quindi verosimilmente hanno geni che possono predisporre la malattia), se si trasferiscono –nei primi dieci anni di vita- in zone a bassa frequenza di SM, rischiano meno di ammalarsi.
Per comprendere come mai ci si ammala di Sclerosi Multipla occorre dunque comprendere cosa predispone alla malattia (i fattori genetici coinvolti) e cosa c’è nell’ambiente che ci circonda che fa scatenare la malattia (forse, come abbiamo detto, la quantità di sole a cui siamo esposti, forse fattori infettivi ad esempio visus che contagiano la maggior parte di noi nei primi anni di vita, ma che solo in alcuni –geneticamente predisposti- fanno scattare la SM, come la goccia che fa traboccare il vaso).
In merito a questi presunti fattori virali, un gruppo di ricercatori italiani ha creduto di aver scoperto –il Professore ne aveva parlato nell’incontro dello scorso anno- un possibile responsabile dell’inizio della malattia: il virus della cosiddetta “malattia del bacio”: la mononucleosi. Era stato osservato che, nonostante il virus contagi il 90% di noi, chi si ammala di mononucleosi più tardi ha un maggior rischio di contrarre la Sclerosi Multipla. Inoltre alcuni ricercatori avevano creduto di essere riusciti trovare proprio nel cervello di ammalati di SM (deceduti per motivi che non avevano a che fare con la SM) il virus della mononucleosi.
Gruppi di ricercatori americani (a Stanford) ed europei (a Vienna) usando altri pezzi di cervello degli stessi pazienti non sono riusciti a giungere agli stessi risultati. Forse questo virus ha a che fare con la Sclerosi Multipla, ma dopo la mancata conferma dei risultati italiani questo appare meno verosimile. Chi era presente l’anno scorso infatti può ricordare che il Prof Comi sottolineò come occorresse considerare con grande cautela i dati di coinvolgimento di un determinato virus nello sviluppo della SM; infatti ogni tanto qualche gruppo di ricercatori afferma di avere scoperto quale è il virus coinvolto, e ogni anno viene puntualmente smentito.
Al di là degli studi sui virus, quest’anno ha portato sviluppi fenomenali riguardo alla comprensione della predisposizione genetica alla base della Sclerosi Multipla.
Un consorzio di 15 centri in tutto il mondo -tra cui il Nostro Centro- ha analizzato il patrimonio genetico di oltre 10.000 malati di SM e ha individuato 2 geni tra tutti che sono coinvolti nello sviluppo della malattia.
Per capire l’immensa mole di lavoro, e la complessità del problema, occorre immaginare il nostro patrimonio genetico come -appunto- una biblioteca in cui è conservata quell’immensa enciclopedia che funge, come è già stato detto, da manuale di istruzioni del soggetto, dove sono conservate tutte le informazioni su come funzionano il corpo e la mente di quell’individuo.
Questa enciclopedia è uguale tra tutti gli individui al 99,2%. Il 99,2% delle pagine sono uguali, infatti tutti abbiamo due braccia, due occhi e più o meno lo stesso modo di comportarci, tuttavia c’è una piccola percentuale di pagine diverse. Questa piccola diversità rende ognuno di noi diverso dagli altri. Ebbene, quell’insieme di ricercatori da tutto il mondo ha scovato due geni minimamente diversi in chi ha la malattia e chi non l’ha. Dovete immaginare che è l’equivalente, nel nostro paragone, di aver scovato due parole in due pagine dell’enciclopedia che in chi è ammalato sono scritte diversamente: hanno una lettera al posto di un’altra.
Ciò che rende molto importante questa scoperta è che queste 2 piccole diversità sono –guarda caso- proprio nella parte di patrimonio genetico deputata a regolare il funzionamento del sistema immunitario. Immaginate, milioni di pagine della nostra enciclopedia, ogni pagina ha 20-30 righe, ogni riga 50-100 caratteri. Cambiano due caratteri e cambia il sistema immunitario.
Questo conferma il ruolo del sistema immunitario nella Sclerosi Multipla e apre la strada alla medicina. Se so dove è l’errore e quale è l’errore, se so quale istruzione è sbagliata, posso correggerla. Infatti una di queste alterazioni riguarda un’area del genoma su cui si sta studiando di mettere a punto una manipolazione genetica. Modificare questa pagina di istruzioni attraverso questa manipolazione e vedere che la malattia cambia sarebbe infatti una prova del nove del ruolo di quell’area del genoma è coinvolta nello svilupparsi della Sclerosi Multipla.
Recentemente si è svolto un convegno internazionale a Barcellona per far luce su una domanda che si fanno tutti i ricercatori che hanno a che fare con questa malattia: Come mai due persone affette entrambe dalla Sclerosi Multipla hanno un andamento di malattia e soprattutto due tipi di risposta alle terapie differenti?
Noi quando prescriviamo una terapia ci basiamo su risultati di studi sperimentali su molti malati. Ogni malato però è diverso e non è detto che la stessa medicina che funziona su un paziente funzioni allo stesso modo su di un altro. Lo Stato approva un medicinale se si dimostra che ha effetti positivi su una grande maggioranza di pazienti, ma questo non garantisce che darà identici benefici a tutti i pazienti.
Se però noi avessimo degli strumenti per predire una risposta alla terapia da parte del singolo paziente avremmo sotto controllo tutta la situazione. Non dovremmo giocare una complicata partita a scacchi in cui da una parte sta il consorzio tra malato e paziente e dall’altra la patologia -imprevedibile nelle sue mosse- o meglio, saremmo avvantaggiati, perché conosceremmo in anticipo le mosse dell’avversario.
La ricerca di elementi che, a priori, ci dicano quale medicina è particolarmente efficace nel singolo soggetto è una novità degli ultimi anni. Un modo nuovo di curare: si passa da una terapia di gruppo, con la scelta di un farmaco che “in media” è efficace, a una terapia individualizzata, fatta su misura, con la scelta di un farmaco che sia sicuramente efficace su quella persona.
E’ ovvio che tale modo di gestire le terapie implica una capacità molto raffinata da parte del clinico, con una capillare conoscenza di tutte le variabili in gioco.
Siamo dunque di fronte a una rivoluzione, che cambierà il modo di fare Medicina. Questo sarà però possibile solo nei secoli. In passato la Medicina era un’arte e ogni intervento era fatto grazie alla fantasia del terapeuta (questo oggi accade nelle medicina alternativa, ma senza basi scientifiche). Ora si conosce la globalità, ma occorre capire che esistono le eccezioni alla globalità, e quali sono. Occorre essere molto, molto informati su tutte le ricerche e le nuove scoperte che accadono nel Mondo Scientifico.
A questo punto il Prof. Comi vuole sottolineare alcuni contributi del Nostro Centro nel corso del 2008 alle ricerche mondiali nel campo della Sclerosi Multipla.
Per le forme progressive di Sclerosi Multipla è in corso un grosso studio, coordinato dal Dr. Martinelli-Boneschi, che ha trovato alcuni fattori genetici che sono responsabili di questa forma di SM, in cui si osserva un peggioramento impercettibile, mese dopo mese, piuttosto che –come accade nelle forme “classiche”- netti peggioramenti durante le ricadute. Il Prof Comi ha tenuto a sottolineare come per questa ricerca molti dei pazienti e dei familiari dei malati abbiano letteralmente “dato il sangue”, cioè si siano sottoposti a prelievi per queste analisi, che aiutano a capire come si sviluppi questa forma di malattia. Si è così creata in tutta Europa una rete di ricercatori e di campioni ematici, le unità di sangue venivano sottoposte ad esami diversi in diversi centri e gli studiosi andavano e venivano dai vari laboratori nel mondo per analizzare e ri-analizzare a fondo i campioni ottenuti.
Per capire come mai in alcuni casi il tessuto nervoso danneggiato dalla malattia degenera più che in altri sono stati eseguiti studi dal gruppo di analisi di Risonanza Magnetica coordinato dal Dr. Filippi. L’oggetto di queste ricerche è stato il motivo per cui si modificano le strutture cerebrali durante il danno della Sclerosi Multipla e come si sviluppa la distruzione di assoni che avviene durante questo danno e come porti a una disfunzione permanente. Inoltre questo gruppo di studio è molto attivo nel monitoraggio degli effetti delle terapie sperimentali a cui molti dei pazienti si stanno sottoponendo. Al San Raffaele alcuni avranno notato che è sorto un nuovo edificio, molto grande. Gli ultimi tre piani di questo edificio sono occupati dal nuovo Istituto di Neurologia SPErimentale e uno di questi tre piani è proprio dedicato alle analisi di Risonanza Magnetica. Qui vengono esaminate oltre 20.000 RM all’anno, per andare a vedere se e come funzionano quelle terapie al momento in studio.
Per quanto riguarda le cure della Sclerosi Multipla –l’argomento che più sta a cuore ai pazienti-, alla fine del 2008 sono emerse novità importanti e altrettanto importante sarà il primo semestre del 2009.
L’anno scorso il Professore aveva detto che erano in studio varie nuove terapie, di cui almeno 5 erano in fase 3 di sperimentazione.
Il Prof. Comi a questo punto ricorda le diverse fasi delle sperimentazioni di farmaci: 1) Dopo i consueti, utilissimi e -il professore ribadisce- irrinunciabili test sugli animali, si conduce una piccola ricerca su un ristretto numero di volontari sani –generalmente studenti- per confermare che quella medicina non faccia male. 2) Si fa uno studio su un ristretto numero di pazienti per vedere se il farmaco è efficace e se non porta problemi ai malati. 3) Si confermano i risultati di fase 2 su una grande popolazione di pazienti, non meno di 1000, per vedere se l’efficacia si mantiene in un campione che può rappresentare l’intera popolazione dei malati.
Questi farmaci in fase 3, quindi all’ultimo stadio di sperimentazione, sono terapie orali, terapie che si assumono per bocca. Questo soddisferebbe dunque il grande desiderio di molti pazienti: non dover avere più a che fare con gli aghi.
Di questi 5 studi su farmaci, 2 si sono praticamente conclusi. Al momento, di uno studio sono stati notificati i risultati al comitato di controllo (un ristretto gruppo di 5 Neurologi in tutto il mondo, di cui uno è proprio il Prof. Comi), dell’altro sono in corso le analisi, i cui risultati che dovrebbero essere comunicati a giorni (ovviamente si tratta di comunicazioni estremamente riservate perché queste notizie hanno chiare ripercussioni sull’andamento in Borsa del titolo della casa farmaceutica che patrocina la ricerca, e che obbliga i ricercatori a non avere sue azioni o interessi economici in essa, per evitare possibili interferenze con l’andamento della ricerca).
Durante l’anno comunque già si erano accumulate diverse novità che è bene che i pazienti conoscano.
Uno studio aveva confrontato direttamente i farmaci che vengono utilizzati dalla maggior parte dei pazienti con SM: Copaxone e Interferone. Da quanto emerge dalla ricerca, i due farmaci hanno in media lo stesso effetto. Se tratto 50 pazienti con un farmaco e 50 con l’altro, 30 pazienti di un gruppo e 30 dell’altro avranno benefici. Non saranno però gli stessi 30. Sono in corso ricerche per capire chi risponde a una terapia e chi all’altra, perché, come è stato detto prima, al momento non si sa bene cosa determini la risposta a una terapia.
Un ulteriore studio per valutare l’efficacia del Copaxone somministrato immediatamente dopo il primo episodio di SM ha coinvolto 150 centri in tutto il mondo. Tutti questi centri sono stati coordinati dal San Raffaele, dove i singoli dati dei soggetti che partecipavano allo studio sono stati analizzati dai medici, uno per uno. Dalla ricerca è emerso che se il paziente inizia ad assumere Copaxone immediatamente dopo il primo attacco di SM, la probabilità di avere altri attacchi si riduce del 50%. Questa riduzione è superiore a quella che si osserva se il Copaxone viene somministrato ad una persona che ha già avuto più di un unico attacco di Sclerosi Multipla. Questo conferma l’intuizione che qui al San Raffaele –per primi nel mondo- già abbiamo avuto tempo fa: cioè che la terapia è tanto più efficace quanto prima la si inizia. Questo dato è ora un assioma, e adesso tutti gli esperti di SM al mondo si sono convinti, o meglio, sono stati convinti.
Questi dati sulla maggiore efficacia del Copaxone se somministrato dopo il primo episodio di Sclerosi Multipla sono in pubblicazione in questi giorni su Lancet, una delle riviste mediche più importanti al mondo.
A questo punto, il Prof. Comi va a sciogliere il mistero sui risultati delle ricerche sulle nuove terapie della Sclerosi Multipla.
I dati disponibili da pochi giorni riguardano uno studio di comparazione tra un nuovo farmaco e Avonex, un farmaco già noto per la sua efficacia. In questo caso dunque chi partecipava alla ricerca assumeva comunque una terapia attiva: aveva il 50% di possibilità di prendere Avonex e il 50% di fare il farmaco nuovo, per via orale. Le persone in terapia con questa nuova medicina, per bocca, durante il periodo di assunzione hanno avuto il 52% di attacchi in meno rispetto a quelli in terapia con Avonex. Già si sapeva che Avonex riduce il numero di ricadute del 18%. Questo significa che la nuova medicina riduce gli attacchi del 52 + 18 %, cioè garantisce un 70% in meno di attacchi di SM. E’ un risultato estremamente positivo. Il farmaco in questione si chiama Fingolimod, ed era già stato citato l’anno scorso. Si tratta di una terapia che fa in modo che i globuli bianchi, che sono tra i responsabili della malattia, quando passano nei linfonodi, vi si trattengano, e non proseguano in circolo per il corpo. Si comportano come un esercito che resta confinato nelle caserme. L’importante però è che, in caso di necessità, i globuli bianchi possono uscire dai linfonodi e andare a combattere, dove serve, la battaglia contro virus e batteri. La medicina funziona con un meccanismo molto delicato, non esente purtroppo da qualche rischio. Perciò sarà importante considerarne l’utilizzo nel singolo paziente, in rapporto alle caratteristiche della malattia. Ora però è certo che è una terapia che funziona.
 A giorni saranno disponibili dati relativi ad un’altra medicina. E’ una terapia vecchia, inizialmente somministrata in iniezioni, intramuscolo o sottocutanee, ora trasformata, e resa disponibile per bocca. E’un farmaco in un certo senso magico, dato che non lo si assume per sempre, ma si prende in blocchi di qualche giorno, ad intervalli regolari. In questo modo si può arrivare a dimenticarsi della terapia.
Abbiamo dunque conosciuto negli ultimi anni dei cambiamenti fondamentali. Siamo partiti anni fa solo con l’Interferone. Poi è arrivato il Copaxone. Poi qualche anno fa è stato disponibile il  Tysabri. Ora è in arrivo il Fingolimod, per cui tra un anno – un anno e mezzo sarà possibile la commercializzazione. Il Professore tiene a ricordare che anche questo è stato possibile grazie al centro SM del San Raffaele, infatti la prima paziente al mondo ad avere provato il Fingolimod era una paziente proprio del Nostro Centro.
Oltre a tutti questi farmaci sono comunque ancora disponibili anche Ciclofosfamide e Novantrone, in particolare i ricercatori del San Raffaele hanno rivisto, nel 2008, tutti i dati relativi all’utilizzo di Novantrone. Negli anni al Nostro Centro sono stati trattati con questa terapia più di 800 pazienti, il che fa del San Raffaele il centro con la maggior esperienza al mondo. Dall’analisi dei risultati emerge che questa medicina riduce del 70-80% la frequenza di attacchi, ma che purtroppo è potenzialmente dannosa.
Sappiamo che c’è una variabilità della risposta alla terapia, ma anche c’è un vasto spettro di possibili cure davanti a noi. Occorre, per ogni paziente, considerare i vantaggi e rischi di una medicina. Non basta dire che un farmaco funziona per sceglierlo, occorre anche tener conto dei possibili pericoli. Un medico bugiardo infatti viene infallibilmente smascherato quando dice che la terapia che propone è priva di effetti collaterali. Neanche l’acqua è senza effetti collaterali. Ogni terapia potenzialmente può dare problemi: è il rapporto tra effetti positivi ed effetti negativi che orienta nella scelta della giusta cura.
Il Professore l’anno scorso aveva detto che il cervello ha caratteristiche inaspettate, è in continua evoluzione –questo, per esempio è uno dei motivi per cui si cambia idea- non si ha mai lo stesso cervello, il cervello cambia e noi cambiamo. Quello che è certo è che questi cambiamenti consentono di rimpiazzare le parti cerebrali colpite da attacchi di malattia. Al San Raffaele la Dott.ssa Mara Rocca (attraverso la RM funzionale) e la Dott.ssa Letizia Leocani (attraverso studi sul sistema motorio e sul sistema cognitivo) hanno dimostrato che nella Sclerosi Multipla ci si difende meglio da un attacco se dopo l’attacco si capisce dove si è sviluppato il danno e si imposta una fisioterapia mirata. Su questo si basa la medicina del recupero.
In passato si sceglievano cure per limitare i danni e al massimo per adattarsi a quello che si aveva perso; ora non solo ci si adatta al meglio alla sfortuna, ma anche si recupera al massimo possibile una funzione dopo la sua  perdita per un attacco di SM.
Al San Raffaele anche la fisioterapia viene impostata secondo i dettami della ricerca.
Un’ulteriore novità riguarda le forme progressive di Sclerosi Multipla. Per la prima volta si parla di un farmaco per queste forme di malattia.
Si tratta di una terapia in fase di sperimentazione. E’ lo stesso farmaco che è risultato così efficace nei pazienti che hanno la forma a ricadute: il Fingolimod. Il Fingolimod si accumula nel cervello e lì stimola il tessuto nervoso e potenzia i meccanismi di recupero del sistema nervoso dopo il danno infiammatorio della SM. Il protocollo di studio è appena iniziato e il Prof. Comi segnala che se qualcuno dei presenti pensasse di poter e di voler partecipare a questa ricerca, perché affetto da una forma progressiva di malattia, può contattare i medici del Centro.
Comi prosegue nel suo intervento sottolineando come si facciano ricerche anche su come affrontare i problemi che in molti pazienti la malattia ha già creato: dolore, spasticità, tremore, problemi di memoria, nervosismo, difficoltà di concentrazione… Anche su terapie che leniscano questi sintomi ci sono studi in corso.
Uno studio è stato coordinato dal Nostro Centro per valutare l’efficacia delle beta-endorfine (una specie di morfina, prodotta naturalmente dal nostro cervello per modulare, per alleviare la sofferenza nei momenti brutti e tristi della vita) su dolore, rigidità e alterazioni del tono dell’umore in pazienti con SM. Si tratta di uno studio preliminare, il primo al mondo, e ha mostrato che dolore e spasticità sono migliorati. E’ in studio ora una sperimentazione più ampia, con circa 300 malati, in collaborazione con centri di Londra e Barcellona che speriamo confermi questi risultati.
Esistono già sostanze che riducono le ripercussioni negative di alcuni sintomi sulla vita del paziente. Uno di questi è il tetraidrocannabinolo, un derivato della marijuana, si chiama Sativex ed è già disponibile in alcuni paesi dell’Unione Europea. Stiamo verificando, in particolare se ne sta occupando il Dr. Rossi, l’effetto di questa terapia in pazienti con forme croniche progressive di Sclerosi Multipla.
Il Dr. Colombo invece si sta occupando dei problemi di cefalea, un disturbo che spesso interessa i pazienti con SM, e in merito ha appena pubblicato uno studio.
Il Professor Comi tocca ora l’ultimo punto del suo intervento, un argomento che sta a cuore a tutti i presenti: la terapia cellulare della SM: a che punto si è?
Si sono superate tutte le tappe dell’iter sperimentale sugli animali, inclusi i test sulle scimmie, l’animale più simile all’uomo. Le cellule staminali vengono iniettate nel sangue o direttamente nel Sistema Nervoso attraverso una procedura simile alla puntura lombare. Una volta entrate nel Sistema Nervoso queste cellule possono spegnere i focolai di infiammazione. Dal sangue vengono attratte dove è presente l’infiammazione, esattamente come vi sono attratti gli aggressori, ma queste cellule esplicano un ruolo analogo a quello dei pompieri che spruzzano acqua sul fuoco. Le cellule staminali nel sito di infiammazione infatti liberano una serie di sostanze anti-infiammatorie e una volta risolto l’incendio si stabiliscono sul sito, come dei guardiani che prevengono eventuali riprese del fuoco.
Per questa cura, ancora più che per altre, occorre essere certi che non vengano prodotti effetti negativi. Spesso si legge di gruppi che già ora iniettano cellule che definiscono staminali. Ciò è deprecabile. Non si può esporre una persona a un intervento di questo genere, senza sapere se potenzialmente si stanno causando danni al paziente. Il centro del San Raffaele è uno dei due cha ha avuto l’autorizzazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità a svolgere questa terapia, e nel corso del prossimo anno verranno iniettati i primi pazienti, nel contesto di uno studio solo di sicurezza, per confermare i dati iniziali che ci dicono che la terapia non dovrebbe causare problemi gravi. Successivamente si aumenterà la dose e si vedranno gli effetti, ma questo richiederà tempo.
Il Professore conclude il suo intervento –un ritratto globale di quello che è stato fatto quest’anno- ribadendo che questi lavori sono opera di un gruppo di più di 100 persone.
Si tratta di persone fragili, che vivono della simbiosi tra i loro risultati e le loro idee. Sono professionisti pagati male, ma il gap economico è colmato dal fatto che con i loro studi possono cambiare la vita delle persone affette da questa malattia. Tutti loro vivono dell’apprezzamento e dell’applauso dei malati e dei loro familiari.
Il prof Comi conclude l’incontro annunciando la creazione di una novità assoluta dal punto di vista economico: la nascita di una società per l’investimento etico. In pratica i fondi investiti nell’INSPE (l’Istituto di Neurologia SPErimentale) possono fruttare un utile agli investitori, nel caso di produzione di brevetti o farmaci efficaci e commercializzabili.
Un ultimo ringraziamento, prima dei consueti auguri di Natale e di Buon Anno, viene dedicato dal Prof. Comi a tutti coloro che lavorano per l’ACeSM, da più di 20 anni vicina al Centro SM del San Raffaele e sempre a disposizione per assistenza ai pazienti e per finanziare la ricerca.
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